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USA: il caso “del” nuotatrice ruba-trofei

Will Thomas ha trovato il modo di battere ogni record: chiamarsi Lia e sbaragliare le avversarie, passando dal 462° posto nello stile libero maschile al primo in quello femminile. Un’ingiustizia grottesca al centro di un furioso dibattito

La scorsa estate imperversavano sui media articoli che celebravano gli “atleti transgender”: uomini che, dicendo di “identificarsi come donne”, avevano ottenuto dal CIO di gareggiare nella categoria femminile alle Olimpiadi, come il caso di Petrillo, uomo nel corpo e pure all’anagrafe, che sperava di partecipare ai Giochi Paralimpici come “Valentina” e di creare un caso di Self ID in Italia.

Dopo le Olimpiadi il CIO ha rivisto le regole sullo sport transgender, ma in direzione opposta alle richieste delle donne, semplificando ancora di più i requisiti per gli atleti maschi che vogliono passare alla categoria femminile. E i casi di uomini che invadono gli sport femminili si moltiplicano non solo in paesi ricchi e garanti dei diritti, ma anche in paesi dove per le donne l’opportunità di fare sport non è affatto scontata.

Ma l’indignazione non si ferma, soprattutto in America, grazie al caso Thomas.

Will Thomas dopo aver partecipato per tre anni alle gare con la squadra maschile di nuoto della Penn University senza emergere, dal novembre 2021 con il nome di Lia ha iniziato a vincere le tutte le gare di nuoto femminile a stile libero sulle distanze di 200, 500 e 1650 yard e battere i record della categoria. Nelle 200 yard è passato dal 462° posto nazionale nella categoria maschile al primo posto nazionale in quella femminile. Le note positive sono arrivate dal pubblico in piscina che ha spontaneamente applaudito le vere vincitrici (in una occasione il distacco all’arrivo è stato di 38 secondi da Lia Thomas) e dalle dimissioni della funzionaria della Federazione Nuoto USA Cynthia Millen, mentre sui media prevaleva la narrazione di vittoria dello sport transgender e della “inclusione”.

A difesa delle ragazze e dell’equità necessaria nelle gare, sono intervenuti decine di ex atleti e professionisti del mondo dello sport, tra cui la campionessa di tennis Martina Navratilova, la tre volte campionessa olimpica di nuoto Nancy Hogshead-Makar e Judy Murray, allenatrice e madre dei fratelli campioni di tennis Andy e Jamie.

Una delle analisi più complete è stata pubblicata dall’allenatrice canadese Linda Blade, che propone di includere gli atleti transgender creando due categorie: una aperta (uomini e trans, ovvero uomini che si identificano come donne e donne che si identificano come uomini) e una categoria solo femminile.

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